Le neuroscienze in Italia

Oggi più che mai, le neuroscienze rappresentano un argomento di spicco della ricerca, in Italia e nel mondo.

Quanto spesso si sente, sui giornali, in TV e su internet, di una nuova stramba ricerca, come quella che correla l’abitudine a lamentarsi con la stupidità? Notizie meno divertenti sono quelle che correlano il non utilizzo del casco per la moto con i traumi cerebrali. In realtà, le neuroscienze e la neuropsicologia hanno una lunghissima storia, in Italia e nel mondo.

Le origini della scuola neuroscientifica italiana

Uno dei padri fondatori delle neuroscienze italiane è stato il fisiologo piemontese ottocentesco Angelo Mosso, un vero e proprio olista scientifico: una personalità che ha studiato la fisiologia della fatica nel lavoro (in La fatica, 1891), le implicazioni evoluzionistiche e fisiologiche delle emozioni ne La paura, la fisiologia respiratoria alle alte quote (1884-1897 con la Fisiologia dell’uomo sulle Alpi) e la neurodegenerazione. Mica poco per un’epoca in cui aveva avuto successo la dottrina frenologica, che dotava arbitrariamente le parti del cervello di funzioni indimostrate!

Le neuroscienze oggi: quale prospettiva in Italia?

Si può arrivare a sostenere che, al giorno d’oggi, la ricerca neuroscientifica sia spaccata in svariati settori specifici con interessi, modalità di ricerca e finalità diversi: vediamone i principali.

La neuropsicologia

I neuropsicologi si occupano di rintracciare i correlati psicologici della funzione del cervello. Gli esperimenti di neuropsicologia possono seguire un’impostazione tipica della psicologia (ad esempio: richiedere al soggetto di compiere un’azione, quindi sottoporgli una serie di domande per indagare la sua reazione) o improntarsi sulle neuroimmagini: in tal modo, l’azione del soggetto viene studiata mediante l’impiego di svariate tecnologiche, come la risonanza magnetica nucleare (RMN), la risonanza magnetica funzionale (fMRI), l’elettroencefalografia (EEG) o la magnetoencefalografia (MEG), fra le altre.

Il neuroimaging

Le tecniche appena esposte a riguardo degli studi neuropsicologici che si fregiano delle neuroimmagini sono usate estensivamente nella ricerca di neuroimaging “puro”. In questo ambito lavorano fisici, ingegneri e tecnici che si occupano di modellizzare il funzionamento del cervello rendendolo prevedibile: un compito assai arduo, certamente.

Le recenti scoperte nell’ambito del neuroimaging riguardano fondamentalmente la ricerca sul Connettoma umano, ossia l’insieme di connessioni neurali che sono presenti fisicamente o funzionalmente nel nostro cervello. Il progetto Connettoma vede coinvolti diversi importanti atenei italiani.

La neurobiologia

I neurobiologi si occupano principalmente di studiare la funzione dei neuroni a livello molecolare, di comprendere lo sviluppo embriologico e i meccanismi di morte e infiammazione. Una recente scoperta in quest’ambito è rappresentata dalla ricerca sulle resolvine, che mira a curare le malattie infiammatorie del cervello.

La neurofarmacologia

I farmacologi che studiano il cervello sono interessati fondamentalmente allo sviluppo di molecole che possano arrestare i processi neuropatologici e neurodegenerativi che conducono a demenza (primi fra tutti per incidenza, Alzheimer e Parkinson). Le tecniche utilizzate sono quelle classiche della biologia (PCR, ELISA, sviluppo di anticorpi monoclonali) e del testing dei nuovi farmaci.

In definitiva, si può prevedere che nei prossimi vent’anni il settore delle neuroscienze subisca un forte boost nel nostro Paese come in altri, anche grazie agli avanzamenti nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, che consentirà di studiare meglio il cervello umano.